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10. Architetto - Contadino


L’AGRICOLTURA,  ATTIVITA’ PRIMARIA DIMENTICATA

In questo tempo nessuno prende coscienza che ogni giorno ognuno di noi, uomini e donne, miserabili e Re, Papa e presidente degli Stati Uniti, il più buono del mondo e il più delinquente  e tutti gli altri umani, dovranno nutrirsi dei prodotti della terra, risultato del lavoro di un qualche agricoltore di un qualsiasi luogo.

Eppure nessuno è cosciente di questa cosa, i cosiddetti mas-media esaltano ed enfatizzano i personaggi di attività effimere e di utilità molto relativa come: i teatrali, i saltimbanchi, canzonieri, gli pseudo-artisti, politicanti e anche i calciatori, capito !!  i calciatori, quelli che danno calci ad un palla definendolo lavoro, e tanti altri assimilabili a questo elenco, oltremodo presenti nella nostra epoca.
Il personaggio anonimo che fa l’agricoltore non viene neanche citato, cioè colui che se non producesse  nulla per gli altri, ma solo per se stesso, dopo qualche giorno renderebbe possibile la scomparsa dalla faccia della terra di tutti quelli come sopra descritti e tutti gli altri. Qualcuno direbbe : non  dopo due o tre giorni ma almeno 30 o anche di più, visto che i demagoghi di professione possono stare senza mangiare per lunghi periodi di tempo…….

I suddetti mas-media, video o stampa, personificati negli onniscienti e onnipotenti giornalisti, raramente parlano di agricoltura, di solito propongono programmi e scritti su come si cucinano i prodotti, perché questo fa élite, ma non su come si producono, non su chi li produce o su chi li dovrebbe produrre. Non propongono quella attività che, invece di essere dileggiata e posta ai margini, dovrebbe essere molto più conosciuta come “ attività primaria”, così come definita nell’ambito urbanistico. I saccenti giornalisti promuovono per i giovani attività definite culturali, di interesse sociale, sportivo ecc.; professioni forzatamente definite utili, mai propongono ai giovani l’agricoltura o attività connesse, mai esaltano il mestiere dell’agricoltore che pure produce il sostentamento anche per loro.

Ma, poveracci,  non ne sono coscienti. Per fortuna ogni tanto si sente di qualcuno, giovane o anziano, che si ravvede e  che abbandona una delle tante prestigiose attività suddette  per dedicarsi all’agricoltura  e oltretutto con grande soddisfazione.  Per fortuna ci sono anche professionisti, pochissimi per il vero, che oltre alla loro attività dedicano parte del loro tempo convintamene all’agricoltura. Qualche giorno fa all’appuntamento per una personale visita cardiologia, il cardiologo si è scusato del leggero ritardo perché aveva avuto problemi con il trattore. Chi sa curare la terra , meglio cura la persona,  e impara l’umiltà, qualità molto rara nei professionisti.

Molti dei miei colleghi architetti pensano che la loro attività sia molto importante e al di sopra di tanti, si sentono artisti, gente di cultura, invece, forse, sarebbe meglio che fossero di coltura. I pochissimi architetti che vengono intervistati ( solo i luminari, i capisciotti ) e promossi dai vari media, si presentano con molta sufficienza, parlando con enfasi di cose inutili e ridicole, dimentichi o ignorantemente disconoscendo i valori della storia dell’architettura e le vere motivazioni di essa. La città poi è il luogo dove è infinitamente lontano il concetto che l’agricoltura sia l’attività primaria, in città  la maggior parte dei residenti non è neanche in grado di percepire il passare del tempo naturale, conoscono solo il tempo dell’orologio e pensano che quello sia quello vero. Forse quando staranno per morire,  in un lampo di  ritrovata lucidità, capiranno che si sono dimenticati di vivere. In città, dove sono vissuto per 20 anni, una buona parte dei  bambini pensa al supermercato come luogo di produzione  dell’alimentazione, dato che nessuno li porta a conoscere la terra. Forse questa crisi economica paramondiale un minimo di risveglio dei valori reali potrebbe anche portarlo, ma dubito fortemente, perché non sono riuscito a percepire la differenza di comportamenti dei lavoratori succitati durante questo periodo, in questi anni di crisi, sembra non essere cambiato nulla per loro. Ma quando ci sarà la crisi vera, cioè quella alimentare, quando i prodotti della terra cominceranno a scarseggiare o a costare carissimi, che è quello che io auspico per la riscossa morale e culturale degli agricoltori, scommetto che tutti allora se ne accorgeranno, comprese quelle molte professioni ritenute e promosse come importanti, qualificanti, allora  prenderanno coscienza dei valori. La scuola di ogni ordine e grado, iniziando dalla materna e fino alle università, dovrebbe insegnare l’agricoltura: far conoscere le aziende dove si producono gli alimenti e come si fa per produrli.  Dovrebbe esserci una specifica materia presente ad ogni livello di istruzione. Produrre alimenti è come respirare: pensiamoci. 

Un mio amico giapponese, Ichiro Fukuschima, amante della natura e forse esageratamente rispettoso di essa, mi ha definito “architetto-contadino” facendo riferimento al mio ambito di vita rurale. Mai gratificazione nei miei confronti è stata più  gradita e giudizio professionale più esaltante di questo.
Perché io parlo così come se mi sentissi fuori da questo modo di essere? semplicemente  perché io sono architetto-contadino, vivo in campagna, coltivo i campi anche se piccoli, oltre all’architettura, entro nei boschi, curo gli alberi da frutto e l’orto, zappo e poto le piante. Penso che tutte le professioni dovrebbero essere definite come “  ……….- contadino” allora potremo dire di aver preso coscienza anche della vita. 

Questo preambolo non è fine a se stesso è finalizzato ad una proposta che come architetto ho già fatto ad un Comune delle Marche qualche anno fa e che ovviamente è stata disconosciuta. Tutte le aree dei centri urbani che vengono definite come zone verdi, quelle di nuova costituzione, escluse quelle storiche , dovrebbero essere ridefinite  “agricole-urbane”, e come tali trattate. I cosiddetti  parchi urbani, o aree verdi per il tempo libero, o verde di quartiere, o definite come si vuole, inventate dalla pianificazione urbanistica del secolo scorso,  sono destinate per la maggior parte ad essere aree abbandonate, ad essere “res publica res nullius” cioè cosa di nessuno. Non guardiamo ai piccoli paesi dove la gente in fondo sente la cosa pubblica come privata, ma alle città, agli agglomerati metropolitani, dove queste aree quasi ovunque in Italia, sono la materializzazione del degrado della natura e deposito di rifiuti dell’uomo.

Gli orti al posto di queste aree risolverebbero molti problemi. I parchi storici ovviamente esclusi, ma le aree degli standard a verde delle lottizzazioni e delle ultime  urbanizzazioni,  quelle si dovrebbero essere trasformate in orti.

Qualche “capisciottu”  potrebbe subito far riferimento ai cosiddetti “ orti di guerra” dell’epoca fascista, ma quelli erano finalizzati all’autarchia, questi avrebbero come finalità la rivalutazione di una attività umana primaria e di grande dignità, svolta da uomini viventi  in ogni parte della Terra.
Basterebbe dare in gestione, a chi la richiede, e sarebbero tanti, un’area di cinquanta metri quadrati, o giù di li, facente parte di un sistema pianificato con viabilità pedonale acqua ed  energia elettrica e potremmo  ottenere i risultati seguenti:   

1) tutte le aree verdi sarebbero ordinate e curate dagli stessi cittadini, ovviamente quelli che lo vorranno. Di conseguenza questi spazi non sarebbero  più abbandonati,  degradati, sporchi  e depositi di immondizia. Non ci sarebbero spese per le amministrazioni pubbliche per la manutenzione. Gli alberi da frutto in primavera sarebbero fioriti e arrederebbero l’ambiente meglio delle piante dei parchi attuali, i terreni ben curati e con la vegetazione fiorente.

2) l’orto favorirebbe lo sviluppo di rapporti sociali,  poiché gli altri  cittadini  non  portati a coltivare l’orto,   tramite percorsi pedonali  utilizzati anche dagli ortolani, visiterebbero gli orti, facendo piacevoli ed istruttive passeggiate tra la gente coltivatrice, dialogando e socializzando spontaneamente e volentieri.

3) si contribuirebbe alla riduzione della spesa familiare  perché un orto può dare una ottima resa in prodotti vegetali, senza polemizzare, spero, sulla  riduzione del commercio del settore.

4) daremmo un esempio alle giovani generazioni di  attaccamento alla terra, senza il cui frutto si muore.

5) una domanda immediata sarebbe: l’acqua?, l’acqua si prende quella dei tetti delle case circostanti, riducendo così la portata delle fognature, facilitandone la depurazione. L’acqua verrebbe canalizza in depositi posti nelle aree degli orti e utilizzata da tutti.

Gli orti sarebbero anche la riscoperta di valori veri e utili rispetto a tanta vacuità; potrebbero essere uno splendido complemento per la città e per i piccoli paesi; si risolverebbero anche molti problemi  psico-sociali e di stress; inoltre intorno agli orti potrebbero nascere infinite iniziative didattiche, culturali, sociali, gastronomiche ecc,.

Una casa rurale nelle Marche,  porta una scritta sulla parete “la terra non tradisce mai”,  evitiamo di definirla fascista.


20 gennaio 2012        
Giuseppe Gentili