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67. Fare il giornalista non è un professione


In genere non sopporto i cosiddetti giornalisti, specialmente quelli che sfruttano le pene e le disgrazie degli altri per fare ogni giorno, ogni sera, spettacolo e promozione della propria attività con la giustificazione del diritto all’informazione, specialmente in questi giorni. Non la chiamo professione perché il giornalista non è un professionista, come può essere un medico, avvocato o architetto che, a prescindere dal colore politico del clienti e della convenienza, esercitano la professione comunque verso il cliente. I giornalisti no, se sono di destra scrivono solo contro la sinistra se sono di sinistra scrivono contro la destra, tutti e due sempre se conviene o meno, questa non è professione. Infatti somigliano molto agli “stracciaroli” che vanno in giro a raccattare stracci di ogni genere ed in ogni luogo, raccogliendoli da soli oppure offerti o sottratti alle persone. Poi selezionano il raccolto e rivendono al migliore offerente oppure, a seconda della convenienza ed a loro insindacabile giudizio, lo impongono alla gente coadiuvati dai titolari delle testate o delle televisioni per ovvi motivi economici, ovvi ma non giustificabili.

Il diritto all’informazione, come dicono loro, è solo il diritto alla loro sopravvivenza economica. Farei molto volentieri a meno di tutte quelle notizie drammatiche proposte con particolari maniacali, con una dovizia di minuziosità che destano interesse solo a chi li propone e non alla gente normale, che non vuole speculare su i drammi dell’umanità. Non esiste il diritto all’informazione specialmente quella negativa ed in queste forme, e che oltretutto, può essere da esempio e stimolo a futuri fatti scellerati. Se non si parlasse di tante negatività forse si formerebbe una morale più repulsiva verso la degenerazione delle azioni. Invece con il diritto all’informazione chi è colpito da un dramma non può neanche placare il proprio dolore la propria anima con il silenzio e la pace interiore. Non c’è più vergogna non solo a compiere azioni malvagie ma neanche a raccontarle con dovizia di dettagli come fanno i giornalisti. Una trasmissione televisiva che si basa sul racconto particolareggiato del fatto negativo e che con arroganza la propone come ricerca della verità, dovrebbe essere vietata per legge, perché lesiva della tranquillità di chi ascolta e della dignità delle persone che hanno subito la tragedia. Per la ricerca della verità ci sono i tribunali, non la televisione con il giornalista. ma questo a loro non frega nulla. Vorrei conoscere un giornalista che comunichi solo cose e fatti positivi, per le negatività bastano quelle della vita che ogni persona prima o poi sperimenta direttamente. Vorrei un giornalista che trasmetta in televisione ogni sera, solo notizie e avvenimenti positivi , affinché stimoli un po’ di serenità necessaria alla maggioranza delle persone e sia da stimolo al positivo. E’ ora di farla finita con lo sfruttamento delle disgrazie per fare ascolto. (non audience, ma ascolto, capito?). E’ ora di mettere delle regole e farle rispettare, basta con il diritto del buonismo, si deve tornare ai valori, etici? Si anche etici!

Credo che prima o poi denuncerò qualcuno di questi che attenta con disinvoltura e per interessi privati, alla mia serenità, inoltre con l’obbligo di pagare il canone e ascoltare lunghissimi spazi pubblicitari. Debbo trovare solo l’avvocato adatto, ma lo farò.

7 giugno 2023

Giuseppe Gentili