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17. Estetica degli edifici contemporanei


...senza storia per il futuro...

Nel 1982 alcuni amici di Sarnano mi regalarono un libro dal titolo “Maledetti Architetti” di Tom Wolfe. Fu una lettura illuminante per me, squarciò il velo  come si suol dire. Durante gli anni dell’Università, dal 1967 al 1973 nella Facoltà di Architettura alla Sapienza di Roma, ci avevano fatto un bel lavaggio del cervello a nostra insaputa, a me, sicuro. L’architettura doveva essere senza colore e senza decorazione, il colore predominante e praticamente unico doveva essere il bianco, le arcate bandite perché erano un riferimento al passato, vietato qualunque riferimento al passato. I maestri a cui ispirarsi erano esclusivamente Le Corbusier,  Mies van de Rohe, Gropius e pochi altri, vietata qualsiasi decorazione esterna o interna pittorica o a rilievo.

"Ornamento e delitto" il famoso commento dell'architetto Adolf Loos uno dei precursori del razionalismo e poi esponente di spicco al pari dei suddetti.

L’architettura più triste e squallida prodotta nella  storia.

Da questo cosiddetto movimento moderno dell’architettura,  nato  tra le due guerre, sono scaturite  conseguenze nefaste per l’architettura mondiale, “l’International Style” e specialmente per quella Italiana dal dopoguerra fino ai nostri giorni o quasi. Gli speculatori hanno preso ad esempio il suddetto movimento e con la scusa che si produceva architettura moderna, hanno eliminato qualunque decorazione, colore e sculture  dagli edifici, risparmiando in questo modo una immensità di danaro costruendo edifici e squallide città.

Il calcestruzzo, messaggio di Le Corbusier,  “le beton brut” le nervature a vista della struttura, doveva essere lasciato senza intonaco ne colore, il massimo della speculazione dagli anni ’50 - ‘60 e a seguire. I costruttori di ogni ceto economico, sia in piccoli  Comuni  che in grandi città, hanno realizzato edifici con lo stesso carattere, sia se progettati da architetti che da ingegneri e  da geometri. In tutte le periferie delle città Italiane, le architetture costruite appena fuori dai centri storici  e qualche volta anche all’interno di essi,  sono figlie di queste concezioni progettuali. Non che una brutta architettura decorata diventi immediatamente accettabile per questo, ma la suddetta storia ha avuto un grande peso.

Però, la colpa di una architettura contemporanea per la maggior parte indecente, è anche colpa dell’uomo acquirente e dei cosiddetti mass media. L’uomo acquirente  se deve acquistare una casa o un edificio la prima cosa che chiede è quanto costa, la seconda quanto è grande in mq, finito, se i due termini soddisfano il compratore la cosa è fatta, nessun accenno all’estetica, alla forma, alla cura dei particolari ai materiali alla decorazione e perfino silenzio sulla funzionalità, ecc, cioè nessun esame all’architettura dell’immobile. Storia simile per gli edifici pubblici da parte degli amministratori, al massimo critiche dalle opposizioni per definizione non per merito.

Se si trattasse di comprare un vestito la parte estetica avrebbe la prevalenza su tutte le altre caratteristiche, poiché tutti sono educati dalla televisione, giornali ecc sulla moda sullo stile, sul deve piacermi. Se si trattasse di scegliere un ristorante con le sue ricette, stessa storia non si guarderebbe alla quantità del cibo in rapporto al costo, ma alla qualità del cibo ed alla sua bontà, al suo gusto, al nome,  anche allo stile del locale in alcuni casi.

In architettura, no, nessuno si è mai ribellato alle tristi ed anonime case  contemporanee delle periferie, edifici pubblici compresi, nessuno ha mai richiesto i soldi indietro perché la casa non funziona bene o il pubblico edificio è costato troppo e non è adatto al servizio che deve assolvere. Al ristorante ci si ribella e per l’abbigliamento si riconsegna il capo.

Un ambiente architettonicamente degradato, ed esteticamente respingente, determina la qualità della vita e determina gli atteggiamenti degli abitanti.

La cultura architettonica dovrebbe essere materia di insegnamento fin dalle scuole elementari, come se fosse un linguaggio diverso da quello parlato ma altrettanto importante  e dal quale non si può prescindere per poter formare una cultura che valorizzi sia l’ambiente che il rispetto per l’uomo. 

Novembre 2013

Giuseppe Gentili