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Commenti e Saggi


14. Arte e Artista


L’artista, nel linguaggio popolare, è colui che sa fare le cose meglio degli altri: un fabbro lavora il ferro meglio degli altri, uno scultore realizza sculture più belle degli altri, un cantante canta meglio degli altri, ecc. ecc.. Quindi l’artista, etimologicamente e storicamente, è colui che sa fare bene un qualche cosa e la sa fare meglio degli altri, è un esperto in una determinata produzione, è super: è un artista.

“Ars, artis”, in latino vuol dire: mestiere , professione, arte.

“Artifex” è l’uomo artista, artigiano, maestro, autore.

L’artista è sempre stato quello che dagli albori della civiltà fino a ieri, è in grado di fare le cose benissimo che travalicavano la mera funzione per aggiungere quel di più, quel distintivo, quell’espressivo, quel narrativo, quella bravura, quello che poi sarà definito valore artistico, cioè anima, materializzazione del sentimento, trascendenza nella materia; tutto fatto in funzione di una committenza. L’artista è stato identificato nei secoli come la persona capace di realizzare una delle tante cose necessarie a soddisfare il corpo dell’uomo contemporaneamente il suo spirito. Non esiste artista senza committente, cioè senza l’uomo al quale è rivolta l’opera commissionata all’artista. Il contatto tra artista e committente è stato sempre diretto, perché il messaggio espresso dall’oggetto prodotto dall’artista è immediatamente riconoscibile dal committente, è utile, è necessario, appagante, ammirevole.

La produzione artistica, nei tempi passati, non ha mai avuto necessità di essere spiegata, tantomeno a priori, prima dell’esposizione al pubblico. Oltre al committente, il popolo spettatore-fruitore ne dava il giusto valore e riconoscimento al solo contatto con l’opera, sia essa letteraria, musicale, teatrale, pittorica, scultorea, architettonica ecc, decretandone direttamente il valore, magari incompreso ma inconsciamente empatico, o il rifiuto, l’inutilità, o la fattezza sommaria e insignificante. In sintesi qualunque opera se non piaceva veniva dichiaratamente rifiutata.
Tutt’oggi nei contratti per la realizzazione di opere edilizie, ogni singolo intervento da parte di maestranze viene caratterizzato dalla dicitura “a perfetta regola d’arte” altrimenti il lavoro potrebbe essere rifiutato o non pagato, questo ad evidenziare quanto il lavoro in modo artistico assume tutt’ora il significato di ben fatto, perfetto, superiore.

Questo fino a ieri, oggi, nel nostro tempo, molte delle attività definite artistiche hanno bisogno prima di essere proposte o dopo, di una nuova figura: il critico d’arte. Attraverso lui e la sua recensione, un’opera acquista valore o meno, a prescindere sia dal valore intrinseco che dalla gente, dal pubblico fruitore, dal committente e dall’opera. Anzi dal secolo scorso in poi, per alcune arti, non c’è più bisogno neanche del committente, serve solo l’artista, il critico e il gallerista cioè il proponente. Il fruitore massificato e di solito incompetente, accetterà o rifiuterà l’opera a seconda del giudizio della critica e di come questo viene proposto.

Quindi la critica, nelle sue più svariate declinazioni, determina il successo o meno di ogni opera, rare sono le eccezioni cioè successo in barba al commento del critico. Tutto ciò è più evidente specialmente in alcune arti, come: la pittura, scultura, architettura e simili. Nella musica, se questa non piace al pubblico, la critica può fare ben poco o nulla.

L’arte moderna e specialmente la contemporanea, la pittura, in parte anche la scultura, senza un critico d’arte e un gallerista non avrebbe avuto e non avrebbe tutt’ora mercato. Il critico ne deve certificare il valore specialmente economico nel tempo, ammantato con un qualche cosa di espressività interiore, legata alla condizione culturale specialmente della società; nel contempo il gallerista ne veicola la conoscenza tra la gente di ogni parte geografica. L’acquirente, non il committente che non c’è, fa propria l’opera sulla spinta del critico d’arte, il quale ne certifica il valore artistico ed il crescente valore economico, il compratore spera nel solo incremento di valore economico, senza una propria opinione sull’opera.

Questa è la condizione e la funzione per cui il critico e il gallerista coesistono e decretano il valore dell’artista da promuovere a seconda delle necessità del mercato in quella città o nell’area di loro interesse (esperienze personali). Sinteticamente con la inconscia complicità dell’ignoranza (senso latino) dell’acquirente si lancia un artista. Gli artisti pittori o scultori di oggi, sono convinti che debbono manifestare, dire qualche cosa alla società e per tale fine inventano le cose più assurde, purché facciano effetto e scalpore con l’obbiettivo della notorietà equivalente di conseguenza a valore economico dell’oggetto realizzato. Non cito di proposito alcune opere indecenti proposte come opere d’arte. L’arte pittorico-scultorea, (meno l’architettura, costa troppo) attuale è un qualche cosa che si sviluppa e si materializza entro cerchie ristrette, tra alcuni personaggi precisi e alquanto inutili complessivamente: a) l’artista, che crede di avere qualche cosa da dire alla società molto più importante ed interessante di altri; b) il critico d’arte, che a sua scelta insindacabile in compagnia del gallerista ne decreta il valore artistico e commerciale; c) l’acquirente, definito anche collezionista, pseudoacculturato o meno che acquista l’opera. “Noi siamo la cultura e il popolo non è niente”, parafrasando in maniera meno incisiva, la frase del Marchese del Grillo dall’omonimo film, direbbero i tre elementi succitati, escluso il collezionista che di solito è quello che paga e che detto in dialetto “ io non ce capiscio cosa!”.

Di fronte ad un’ opera artistica del genere suddetto, una cosiddetta opera d’arte del nostro tempo, credo tutti abbiano ascoltato la frase o l’avranno pensata, “…questo lo sapevo fare anch’ io…” Non parlo delle cose che si vedono alla Biennale di Venezia.

Ora se chiamiamo arte quello che la gente potrebbe farsi da sola oppure che non capisce, perché ha bisogno di qualcuno che la spieghi, oppure perché è riferita a cose che non servono in ogni caso, vuol dire che l’arte, qualunque arte da spiegare, non è fatta per l’uomo, allora per chi è fatta??? A che serve????

Le sofferenze interiori e le varie fisime ed idiosincrasie (raramente le gioie), vere o di comodo, di molti cosiddetti artisti che vengono a giustificare quello che viene rappresentato a due dimensioni o a tre dimensioni, forse sarebbe meglio che se le tenessero per loro nei loro spazi privati. Perché si dovrebbe acquistare un problema o anche una pseudogioia di uno di questi che si definiscono artisti?

Forse il cosiddetto artista potrebbe anche andare a fare un altro lavoro, magari più utile per lui e per la società, magari tirandosi dietro anche il critico e il gallerista.
L’arte, quella tramandata dalla storia, è un’altra cosa, non usiamo la stessa parola per cose molto diverse, potrebbe confondere, anzi confonde, e non senza scopo.

Quella che viene definita “arte moderna” o “arte contemporanea”, sia se si tratti di pittura che di scultura, potrebbe tornare ad avere una sua specifica funzione, quella di complemento all’architettura, decorazione agli edifici, agli spazi interni e all’ esterne. L’arte moderna o contemporanea, non dovrebbe essere più chiamata “arte” in senso storico ma semplicemente decorazione e gli esecutori dovrebbero essere chiamati “decoratori” ai fini di spazi architettonici.

La decorazione pittorica o scultorea dovrebbe ritornare ad essere una componente fondamentale dell’architettura. La decorazione ha sempre fatto parte di qualunque architettura, edificio privato o pubblico che sia, si potrebbe dire fin da quando l’uomo abitava nella grotta. Certamente i disegni parietali delle grotte di Lascaux non erano certo fatti affinché gli uomini del nostro secolo potessero vedere i tipi di animali presenti in quell’epoca (17.500 anni fa, circa) ma servivano alla decorazione del complesso di grotte, a prescindere dalla finalità funzionale. Dal periodo razionalista cioè dalla nascita del movimento moderno in architettura la decorazione è scomparsa colori compresi. La cosiddetta arte moderna o contemporanea dovrebbe essere di complemento, come decorazione, all’architettura contemporanea. Le pitture grottesche della Domus Aurea di Nerone sono decorazioni di spazi architettonici e come tali sono stati riproposti quasi fino ai nostri tempi. La decorazione invade e stimola i sensi, l’arte pervade e stimola lo spirito, il sentimento: ecco perché l’una è decorazione l’altra è arte. Sono attività diverse. Quella che viene definita “arte moderna”, per la maggior parte è decorazione, quasi sempre inutile, non applicata, ma potrebbe benissimo esserlo, senza sentirsi subalterno all’artista della storia dell’arte, il decoratore è solo un’altro professionista che fa un’ altra attività.

L’ARTISTA

L’artista non è una professione; l’artista è colui che ha realizzato un’opera d’arte; l’opera d’arte è tale se si rivela come prodotto unico della espressività e capacità umana realizzata secondo canoni come sopra descritti; il prossimo prodotto, anche se fatto dalla stessa persona, potrebbe non avere le caratteristiche per le quali essere definito opera d’arte; quindi la persona che realizza un’opera d’arte potrebbe realizzarne solo una, e per questo l’artista non è una professione. E’ sbagliato dire vorrei fare l’artista, oppure da grande vorrei fare l’artista, oppure noi artisti e così via.

L’ARTISTA NON E’ UNA PROFESSIONE, L’ARTISTA E’ LA DEFINIZIONE CONSEGUENZIALE RIFERITA ALL’AUTORE DI UN’OPERA D’ARTE E SOLO PER QUELL’OPERA D’ARTE.

 

7 maggio 2013

Giuseppe Gentili