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7. Eutanasia di un centro storico


Ci sono alcuni antichi paesi nel nostro territorio,  i cui centri storici sembrano essere portati con decisione all’eutanasia mediante programmi di decentramento; decentramento di  alcune attività sociali, economiche ed amministrative,  senza prima effettuare una minima riflessione sulla effettiva necessità o su possibilità alternative di intervento.

Il decentramento delle attività in un centro storico è  indispensabile in quelle città con rilevante popolazione e conseguente caos nella mobilità quotidiana, pensiamo a città come Roma, Milano, Napoli ecc, ma pensare di togliere attività nei centri storici dei nostri paesi o anche città come  Macerata, che possono essere definiti grossi condomini o al massimo un grande quartiere, significa la fine lenta ma inesorabile di questi centri poiché gli si  toglie la linfa vitale e cioè la gente che le fruisce .

La pianificazione di un territorio comunale non può  assecondare  la tendenza in voga al momento, altrimenti avremo un rotolamento a valle generalizzato della vita dei nostri paesi con la conseguente eutanasia del centro storico, e per tale fine diverse sono le modalità di intervento per somministrare una morte lenta, analizziamone alcune.

Un modo è quello di restaurare male gli edifici del centro storico, inventandosi la storia, trasformando il tessuto urbano come crediamo che fosse o come ci piacerebbe che fosse stato con la scusa della vivibilità e necessità attuali, pena l’abbandono delle residenze disagiate e quindi del centro storico, lo trasformiamo  così a tempo a tempo in una altra cosa.

Comunque potrebbe continuare a vivere visto che alla fine  tutte le attività economiche e sociali sono state mantenute in un modo o in un altro.

Un altro sistema abbastanza infallibile è quello di permettere la costruzione di grossi centri commerciali in zone distanti dal centro storico possibilmente a valle di questo e lungo le statali o adiacenti a superviabilità.

Quello dei centri commerciali è un tema che bisogna trattare con particolare attenzione perché ha alcuni risvolti molto interessanti.

Nel 1969-70 un mio amico studente alla facoltà di architettura di Toronto in Canadà, mi chiese di mandargli molte fotografie dei mercati famosi di Roma, dove io risiedevo, perché stava preparando alcuni esami con professori che si interessavano alla grossa distribuzione e quindi ai centri commerciali. Gli interessava in particolare l’ambiente e il colore del mercato, la struttura delle bancarelle mobili o fisse,  i vari chioschi per la vendita di giornali caffè ecc. Gli mandai molte foto di Porta Portese e del mercato di Piazza Vittorio Emanuele.

In conclusione i grossi centri commerciali dell’America del Nord specialmente quelli degli ultimi trenta –venti anni, realizzati in grandiose strutture chiuse,  non sono altro che le nostre vie del centro storico con le varie attività commerciali con tanto di verde, di fontane, di panchine, di chioschi dei giornali, piccoli bar, poi cinema, ristoranti e quant’altro a seconda della dimensione della passeggiata “MALL”, così vengono definiti.

Quindi gli Americani importano parte dei nostri centri storici, della nostra cultura,  con la loro dimensione umana, il calore dei materiali, le decorazioni delle pareti e  li organizzano in un microclima adatto alle loro latitudini, le temperature invernali in quelle città raggiungono i 20, 30 gradi sotto zero, e usano questi spazi  come luoghi delle passeggiate, della socialità, del footing, come strutture del tempo libero e come luogo per fare la spesa in maniera piacevole , ci fanno in realtà quello che da noi si può fare tutto l’anno all’aperto nelle vie dei centri storici, anche in inverno,  visto il nostro clima.

Ma noi cosa facciamo?, reimportiamo dall’America il progetto di centro commerciale e lo rifacciamo in maniera molto più piccola, povera e misera, a causa della condizione economica Italiana rispetto all’America, compresoi quelli delle grandi città, poi i pomeriggi della domenica e delle giornate di festa li passiamo in queste squallide strutture svuotando di vita e di attività commerciali i centri storici.
E’ evidente altresì che in città con qualche milione di abitanti il centro commerciale serve a sviare grossi flussi dal centro storico che ne risulterebbe altrimenti intasato così come avviene tutt’ora, ma questo non è certo il caso dei nostri paesi.

Se proprio non possiamo fare a meno del cosiddetto centro commerciale troviamo qualche soluzione adatta ai nostri centri storici e restiamo lì,  magari  copriamo le  vie e le piazze con strutture trasparenti,  consorziamo i commercianti in modo da acquistare a prezzi più bassi e rendere conveniente l’acquisto in queste aree, ma non decentriamo il commercio.

Esiste un terzo modo, forse la soluzione definitiva, per far morire i nostri piccoli centri storici  ed è quello di favorire oltre che il decentramento commerciale anche l’allontanamento delle residenze, delle scuole, degli ospedali o servizi sanitari, ecc. in definitiva l’allontanamento di tutte quelle attività interconnesse che definiscono un centro urbano.

Detto ciò, facciamo  qualche esempio per spiegare meglio quello che è stato sopra descritto,  senza per questo voler denigrare o svilire nessuna città.

I grossi centri commerciali che sono sorti o che stanno crescendo in aree periferiche del Comune di Macerata, vedi Piediripa ecc. stanno iniziando a dare i loro frutti riducendo il flusso delle persone che prima andavano a fare la spesa nel centro storico,  riducendo così la capacità funzionale e attrattiva di questo,  provocando una continua mobilità verso il fondovalle con  conseguente chiusura delle vecchie botteghe commerciali impiantate da anni nella parte più antica di Macerata.

Ma se per Macerata ci vorrà forse un po’ più di tempo, per certi altri Comuni posti lungo la statale 78 Picena che da Macerata porta a Sarnano il declino è cominciato da un pezzo: tutti i paesi, con esclusione di alcuni casi illuminati, che confinano con la statale hanno permesso il rotolamento a valle di persone, cose e attività, con conseguente sviluppo edilizio della fascia parallela alla strada statale. I risultati sono due:, uno è quello di aver svuotato i centri storici, infatti  sono sempre deserti e per verifica basta andarci in qualunque momento, l’altro è  quello di aver  sfasciato definitivamente un paesaggio della tipicità rurale marchigiana, tanto che la SS 78 Picena, era stata  definita Panoramica dal Piano Paesistico Regionale,  questa  è invece al momento delimitata da una parte e dall’altra da costruzioni di ogni genere prive di qualunque pregio architettonico, caratteristica crescita delle vecchie città del West americano che si sviluppavano esclusivamente e casualmente lungo la cosiddetta Main.

Un altro buon esempio potrebbe venirci da Camerino. Camerino vive del centro storico, esiste perché c’è il centro storico e perché nel centro storico ci sono o c'erano molte funzioni vitali. L’Università è una delle istituzioni di prestigio presenti a Camerino ed una delle funzioni vitali, questa presenza comporta un rilevante indotto economico tanto da costituire una delle principali fonti di reddito per i Camerinesi dovuta ai diversi aspetti della vita universitaria. Esistono le attività commerciali perché esistono molti studenti, esistono le case da affittare perché esistono gli studenti, c’è continua vita nelle vie del centro storico sia di giorno che di notte perché esistono gli studenti, e così via, gli studenti sono dentro Camerino.  Quindi proporre la costruzione di un “ Campus Universitario” che va molto di moda, fuori dal centro storico di Camerino  e lontano da questo, significa portare via la maggior parte degli studenti e di conseguenza tutte le attività connesse a loro, quindi significa un inizio della fine di Camerino così come siamo abituati a conoscerlo. Non basta si vocifera anche di portare fuori altre scuole, si è già provveduto a portare fuori altre attività di servizio, alle quali si poteva accedere benissimo anche se poste nel centro storico,  bastava organizzare gli accessi o altro come si è fatto con il funzionalissimo  parcheggio.

Come si è visto ci sono molti modi per aiutare a far morire un centro storico e l’amara constatazione  finale  è quella che i nostri piccoli ma antichi e splendidi centri storici hanno resistito nei secoli a terremoti , guerre e pestilenze, eventi atmosferici di ogni sorta, ma non resisteranno sicuramente all’ignoranza. 

Sarnano 8 gennaio 2001

Arch. Giuseppe Gentili