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75. Fare il giornalista non è una professione


In genere non sopporto i cosiddetti giornalisti, specialmente quelli che sfruttano le pene e le disgrazie degli altri per fare ogni giorno, ogni sera, spettacolo e promozione della propria attività,  con la giustificazione del diritto del cittadino  all'informazione, specialmente in questi giorni. Non la chiamo professione perché il giornalista non è un professionista, come possono essere i medico,  gli avvocato o gli architetti, che, a prescindere dal colore politico del clienti e della convenienza, esercitano la professione comunque verso il cliente. I giornalisti no, se sono di destra scrivono solo contro la sinistra, se sono di sinistra scrivono contro la destra, tutti e due sempre se conviene o meno, questa non è professione. Infatti somigliano molto agli “stracciaroli” che vanno in giro a raccattare stracci di ogni genere ed in ogni luogo, raccogliendoli da soli oppure offerti o sottratti alle persone. Poi selezionano il raccolto e rivendono al migliore offerente oppure, a seconda della convenienza, ed a loro insindacabile giudizio, lo impongono alla gente coadiuvati dai titolari delle testate o delle televisioni per ovvi motivi economici, ovvi ma non giustificabili.

Il diritto all'informazione, come dicono loro, è solo il diritto alla loro sopravvivenza economica, al loro stipendio. Farei molto volentieri a meno di tutte quelle notizie drammatiche proposte con particolari maniacali, con una dovizia di minuziosità che destano interesse solo a chi le propone e non alla gente normale, che non è interessata alla speculazione su i drammi dell’umanità. Non esiste il diritto all’informazione, specialmente quella negativa ed in queste forme che, oltretutto, possono essere da esempio e stimolo a futuri fatti scellerati. Se non si parlasse di tante negatività forse si formerebbe una morale più repulsiva verso la degenerazione delle azioni. Invece con il diritto all’informazione chi è colpito da un dramma non può neanche placare il proprio dolore, la propria anima con il silenzio e la pace interiore. Non c’è più vergogna non solo a compiere azioni malvagie ma neanche a raccontarle con dovizia di dettagli, come fanno i cosiddetti giornalisti. Una trasmissione televisiva che si basa sul racconto particolareggiato del fatto negativo e che, con arroganza, la propone come ricerca della verità, dovrebbe essere vietata per legge, perché lesiva della tranquillità di chi ascolta e principalmente della dignità delle persone che hanno subito la tragedia. Per la ricerca della verità ci sono i tribunali, non la televisione con il cosiddetto giornalista, ma questo a loro non frega nulla. Vorrei conoscere un giornalista che comunichi solo cose e fatti positivi, per le negatività bastano quelle della vita che ogni persona prima o poi sperimenta direttamente. Vorrei un giornalista che comunichi ogni sera in televisione, solo notizie e avvenimenti positivi , affinché stimoli e susciti un po’ di serenità necessaria alla maggioranza delle persone e sia da stimolo e incitamento al positivo. E’ ora di farla finita con lo sfruttamento delle disgrazie per fare ascolto. (non audience, che in italiano si dice ascolto, capito?). E’ ora di mettere delle regole e farle rispettare, basta con il diritto del buonismo, si deve tornare ai valori, etici? Si anche etici! Etici!

Credo che prima o poi denuncerò qualcuno di questi che attenta con disinvoltura e per interessi privati, alla mia serenità, sfruttando con la massima noncuranza il dolore delle vittime o dei loro familiari, inoltre con l’obbligo di pagare il canone e ascoltare lunghissimi spazi pubblicitari. Debbo trovare solo l’avvocato adatto, ma lo farò.

Giuseppe Gentili, 8 giugno 2023